OTRANTO: 800 uccisi in odio alla fede


Il massacro degli 800 martiri di Otranto, ad opera dei musulmani turchi nell’estate del 1480, rimane un evento di raro coraggio e di fede, forse unico nel Cristianesimo, un episodio storico e documentato che mostra la semplicità del martirio cristiano di una intera città.
Nessuna epoca può lamentare i martiri di Cristo Signore, sia di gruppi di fedeli che di grandi santi, ma il martirio di una intera città rimane esemplare e da richiamare alla memoria.

L’ASSEDIO
Nell’estate del 1480 una flotta turca di 150 navi con 18.000 uomini a bordo, inviata da Maometto II e comandata da Gedik Ahmed Pasha, si affacciò sul mare di Otranto con l’intento di occupare la città che all’epoca contava 6.000 abitanti, e di aprire così la strada alle truppe ottomane per la conquista del regno di Napoli, progetto che rientrava in un più vasto disegno di conquista della penisola e della sede del Papato di Roma.
L’impero turco, sotto la guida di Maometto II Fatih (il conquistatore) si era mosso alla conquista dell’Impero Bizantino provocandone, dopo più di 1000 anni di storia, la definitiva caduta nel 1453.
L’assedio di Otranto durò 15 giorni, precisamente dal 28 luglio all’11 agosto. Ahmed Pasha tentò tutti i mezzi per indurre gli Otrantini ad arrendersi, ma alle lusinghe e minacce del capitano turco, i cittadini di Otranto risposero con la sfida: “Se il Pasha vuole Otranto, venga a prenderla con le armi, perché dietro le mura ci sono i petti dei cittadini”.
I malcapitati raggiunti per le strade o nelle case vennero massacrati senza pietà; i più fortunati trovarono rifugio in Cattedrale. Ma neanche questo luogo fu risparmiato dalla violenza: i turchi irruppero nella casa di Dio, uccidendo i sacerdoti e lo stesso arcivescovo, l’ottantaquattrenne Stefano Pendinelli, (? Stefano Agricoli) proprio mentre celebravano la S. Messa e distribuivano l’Eucaristia al popolo sgomento.

IL MARTIRIO
Dopo l'assedio e l'eccidio della città di Otranto, Ahmed Pasha ordinò che tutti gli uomini validi da quindici anni in su, fossero condotti alla sua presenza. Erano 813. Servendosi di un interprete, Pasha intimò loro di rinnegare la fede cristiana ed abbracciare il l’islam: se avessero fatto ciò, avrebbe accordato loro vita, sostanze e ogni bene; in caso contrario li avrebbe fatti decapitare.
Uno degli Otrantini, Antonio Pezzulla, che da allora fu ricordato come il “Primaldo”, rispose per tutti: “Noi crediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e per Gesù Cristo siamo pronti a morire”.
E rivolto ai suoi concittadini, gridò: “ Fratelli miei, fino ad oggi abbiamo combattuto per defensione della patria e salvare la vita e per li signori nostri temporali; ora è tempo che combattiamo per salvare l’anime nostre, per il nostro Signore, quale essendo morto per noi in croce conviene che noi moriamo per esso, stando saldi e costanti nella fede” (dalla –Historia- di Giovanni Michele Lagetto).
“E si sentì un mormorio tra di loro, per lo spazio di circa un’ora, mentre si esortavano a vicenda e dicevano: moriamo per Cristo, moriamo volentieri per non rinnegare la Fede in Lui” (dalla descrizione di Pietro Colonna, detto il Galatino, testimone oculare).

COLLE DELLA MINERVA
La mattina del 14 Agosto, Ahmed Pasha ordinò che tutti i maschi dai 15 anni in poi fossero accompagnati sul colle della Minerva poco fuori la città.
Gli “Ottocento” furono incatenati con le braccia legate dietro la schiena, suddivisi in gruppi da cinquanta, denudati e dietro ordine di Pasha, condotti per la via ora chiamata della “Madonna del Passio”.
“Essi andavano – dice il Lagetto – allegramente confortandosi a pigliar pazientemente il martirio”. Su quel colle, il Pasha rinnovò agli Otrantini il dilemma: rinnegare Cristo o perdere la vita.
Ma essi vedevano già “il cielo aperto e quelli spiriti aspettando con grande allegrezza riceverli” (Lagetto).
Vollero tutti morire e Ahmed Pasha non risparmiò nessuno.
Il primo ad essere decapitato fu Antonio Primaldo, piegò il capo sul sasso, seguì un colpo, secco: la testa rotolò per terra, ma il resto del corpo, prodigiosamente, si levò in piedi e restò immobile nonostante gli sforzi dei turchi di piegarlo a terra, restò così ritto sino alla fine della strage. Il corpo cadde solo quando l’ultimo sacrificio otrantino fu compiuto.
Quel miracolo giovò ad uno dei carnefici: Berlabei. Come attestano quattro testimoni oculari nel Processo di beatificazione dei martiri di Otranto, "Berlabei gettò via la scimitarra, si confessò cristiano e sostenne, impavido, l’orribile supplizio del palo”.

LE RELIQUIE
I corpi dei martiri rimasero insepolti e incorrotti, come affermano gli storiografi del tempo, per tredici mesi, fino all’8 settembre 1481, data della liberazione di Otranto dai turchi.
Le loro reliquie ebbero quattro “traslazioni” in Otranto. In un primo momento, Alfonso duca di Calabria, figlio del re di Napoli, Ferdinando, fece trasportare e collocare alla meglio i corpi dei martiri nella chiesetta di S. Eligio, ai piedi del Colle della Minerva. Il 13 ottobre 1481 i corpi furono portati nella cripta della cattedrale. Nel 1482 fu costruita, nella stessa cattedrale, una Cappella dei Martiri. Nel 1711 furono trasportati definitivamente nella cappella attuale, costruita a spese pubbliche nella navata destra della cattedrale, e rinchiusi in sette grandi armadi.

I PRODIGI
Il martirio degli Ottocento fu seguito da numerosi prodigi, che si sono poi ripetuti nei secoli, anzitutto, durante il martirio, il già raccontato miracolo di Primaldo, rimasto in piedi, nonostante gli fosse stata tagliata la testa, fin quando non cadde l'ultimo idruntino.
Racconta poi il Galatino che, tredici mesi dopo Otranto fu riconquistata dai cristiani e l’8 settembre 1481, sul colle della Minerva furono trovati dai i corpi degli 800, talmente illesi ed integri (come io vidi): "che neppure un capello era in essi diminuito, e così freschi, da sembrare che da un'ora appena fossero stati uccisi. Ond'è che un cane riconobbe il suo padrone giacente tra quelli e cominciò a scodinzolargli vicino; e, ciò che è più mirabile, furono trovati tutti con gli occhi rivolti al cielo; nessuno di essi accennava tristezza di sorta; anzi mostravano un così lieto ed ilare volto, che sembrava ridessero" (Agostino SABA, Storia della Chiesa, vol. III, tomo I, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1943, p. 226).

IN ODIO ALLA FEDE
Invocati all’indomani stesso della strage, i martiri sono stati riconosciuti Beati con decreto di papa Clemente XIV il 14 dicembre 1771. Il documento pontificio dava così il suo sigillo al fatto del martirio degli Ottocento e al culto verso i Martiri Otrantini, la cui venerazione ha varcato i confini del Salento.
In vista di una possibile canonizzazione, su richiesta dell'Arcidiocesi di Otranto, il processo è stato recentemente riaperto, confermando in pieno le conclusioni del precedente.
Papa Benedetto XVI, il 6 luglio 2007, ha emanato un decreto in cui riconosce il martirio di Antonio Primaldo e dei suoi concittadini uccisi "in odio alla fede".

SANTI
Domenica 12 maggio 2013 in piazza San Pietro a Roma, papa Francesco proclama santi Antonio Primaldo e i suoi ottocento compagni.

H  O  M  E